Qual è il fattore di rischio più importante per la progressione della retinopatia diabetica? Dopo quanti anni dalla diagnosi è importante iniziare lo screening? Quali sono le complicanze più frequenti? Quando iniziare il trattamento?
Introduzione
La retinopatia diabetica (RD) è una comune complicanza del diabete mellito dovuta alla microangiopatia conseguente. E’ una delle cause più comuni di cecità nei paesi sviluppati, interessa 1/3 dei pazienti diabetici e la sua prevalenza è maggiore nei diabetici di tipo 1 che in quelli di tipo 2. Generalmente insorge dopo anni dalla diagnosi di diabete ma, nei casi misconosciuti, può rappresentare il primo segno della patologia. Altro importante fattore da considerare è che la retina, essendo una regione direttamente esplorabile dall’esterno, rappresenta un sito privilegiato per valutare la progressione del danno dell’iperglicemia all’albero vascolare del paziente. La RD è divisa in due forme: retinopatia diabetica non proliferante, meno grave, e retinopatia diabetica proliferante. Il discrimine tra le due forme è la formazione di neovasi.
Epidemiologia
Si stima che tra i pazienti diabetici la prevalenza della retinopatia diabetica non proliferante e di quella proliferante sia rispettivamente del 35,4% e del 7,5%. Questa complicanza è più diffusa tra i pazienti affetti da diabete di tipo 1 rispetto a quelli di tipo 2: 77.3% contro il 25.2% per la non proliferante e 32.4% contro il 3.0% per la proliferante. Sebbene siano difficili i confronti, sembrerebbe che la retinopatia diabetica sia più diffusa nei paesi occidentali rispetto a quelli orientali.
I principali fattori di rischio per lo sviluppo della retinopatia diabetica, e per la sua progressione, sono l’età, la durata di malattia (anni), i valori emoglobina glicata (HbA1C) maggiori del 7% e la concomitante presenza di ipertensione arteriosa.
Anatomia e fisiologia della barriera emato-retinica
La retina è isolata dal circolo ematico attraverso due strutture: la barriera ematoretinica interna e quella esterna. La barriera interna è formata dal complesso di cellule endoteliali, unite tra loro tramite tight-junction specializzate, e processi di astrociti e di cellule di Muller che circondano la lamina basale dei vasi sanguigni. Al corretto funzionamento della barriera partecipano anche i periciti, modulando il calibro vasale, producendo mediatori che inducono l’espressione di proteine di adesione e fagocitando le molecole dannose. La barriera esterna è composta dall’epitelio pigmentato che separa la neuroretina dalla sottostante coriocapillare mediando gli scambi di soluti tra queste due strutture. Il principale compito di queste due strutture è mantenere costante la concentrazione di soluti intraretinici e di evitare che molecole potenzialmente dannose escano dal circolo ematico ed entrino in contatto con il delicato tessuto retinico.
Fisiopatologia
Come già accennato, la genesi della retinopatia diabetica è principalmente vascolare: le alte concentrazioni di glucosio, le alterazioni del suo metabolismo verso i pathways dei polioli e delle esosamine e la formazione dei prodotti finali della glicazione avanzata, causano un continuo danno alle pareti vasali con conseguente apoptosi delle cellule endoteliali e dei periciti, oltre che l’ispessimento della membrana basale vasale. Questo, a lungo andare, compromette la funzione circolatoria distrettuale e l’alterazione della circolazione sanguigna comporta un danno sia ischemico sia infiammatorio (dovuto anche all’ipossia). In risposta all’ischemia, le aree retiniche interessate producono, tra i vari mediatori, il Vascular Endothelial Growth Factor (VEGF). Il VEGF è uno dei principali responsabili delle complicanze della retinopatia diabetica, nonché un importante target terapeutico.
Quadro clinico
Nelle fasi iniziali la RD è asintomatica, per questo è importante predisporre delle visite periodiche di screening per i pazienti diabetici, le linee guida consigliano di eseguire un esame del fondo oculare alla diagnosi di diabete tipo 2 e successivamente ogni due anni mentre invece lo raccomandano a cadenza annuale dopo 5 anni dalla diagnosi di diabete tipo 1. Il sintomo principale è il calo del visus, ma i pazienti possono anche lamentare miodesopsie (corpuscoli neri fluttuanti nel campo visivo), metamorfopsie (distorsioni delle immagini) e scotomi (macchie scure nel campo visivo). All’esame del fondo oculare, si distinguono:
- Microemorragie e microaneurismi: oftalmoscopicamente sono quasi indistinguibili e si presentano come punti rossi dai margini netti di piccole dimensioni, sono differenziabili tra loro tramite la fluorangiografia (FAG ovvero un esame contrastografico in cui si inietta fluoresceina endovena e si analizza la vascolarizzazione retinica), dove i microaneurismi appaiono iperfluorescenti mentre le microemorragie ipofluorescenti
- Emorragie a fiamma: sono emorragie intraretiniche nelle quali il sangue si dispone con una forma caratteristica e segue il decorso delle fibre nervose
- Noduli cotonosi: sono zone di aspetto biancastro e dai margini sfumati che corrispondono ad infarti delle fibre nervose retiniche
- Essudati duri: sono depositi di lipidi e proteine di colore giallastro e dai margini netti
- Alterazioni venose: sono delle alterazioni del calibro venoso definite looping e beading ossia dei focali restringimenti e delle dilatazioni che conferiscono alle vene un aspetto “a salsiccia”
- Anomalie microvascolari intraretiniche (IRMA): sono degli shunt artero-venosi che insorgono generalmente in prossimità delle zone ischemiche
Classificazione
La retinopatia diabetica si divide, in base alla severità in:
- Retinopatia diabetica background o non proliferante (RDNP), caratterizzata da microaneurismi, emorragie puntiformi o a fiamma ed essudati che persistono alla comparsa delle lesioni più avanzate.
- Maculopatia diabetica, termine usato in presenza di qualsiasi manifestazione della retinopatia in sede maculare oppure in presenza di edema maculare retinico che compromette sensibilmente la vista
- Retinopatia diabetica pre proliferante (RDPP), definita dalla presenza di noduli cotonosi, alterazioni venose, IRMA ed emorragie retiniche profonde. Si definisce pre proliferante per indicare che questa condizione può facilmente evolvere nella forma proliferante
- Retinopatia diabetica proliferante (RDP), è caratterizzata dalla presenza di neovascolarizzazione a livello del disco ottico o in altre sedi nel fondo oculare
- Oftalmopatia diabetica avanzata, caratterizzata da un distacco retinico trazionale, da un persistente e significativo emovitreo e dal glaucoma neovascolare
Un esame fondamentale per indagare la severità della retinopatia e per individuare settori ischemici di retina e la presenza di neovasi è la FAG che permette di indagare la perfusione retinica nonché la presenza di edemi retinici.
Complicanze
La complicanza più frequente, che è anche la causa più frequente del calo del visus, è l’edema maculare diabetico, complicanza che può insorgere in qualsiasi stadio della retinopatia diabetica. Lo stress infiammatorio causa la formazione di cisti intraretiniche, foveali e perifoveali, che alterano la morfologia retinica. Per la diagnosi e per il follow up di questa complicanza è indicata l’esecuzione di tomografie a coerenza ottica (OCT) della retina, un esame non invasivo, di facile esecuzione e che permette di studiare gli strati retinici acquisendo immagini di sezioni di retina. Altra importante complicanza è la formazione di membrane neovascolari nel corpo vitreo (il gel vitreale è avascolare in condizioni fisiologiche), queste membrane sono assi fibrovascolari ectopici che possono comportare:
- Emovitreo: consiste in un’emorragia intravitreale. Il sangue, non essendo trasparente, ostacola il passaggio della luce causando opacità vitreali, scotomi e calo del visus.
- Distacco retinico trattivo: le membrane neovascolari possono congiungere due porzioni di retina e causare una trazione meccanica sul neuroepitelio distaccandolo dal sottostante epitelio pigmentato
- Glaucoma neovascolare: nelle forme più gravi lo stimolo neoangiogenico può portare alla formazione di vasi sanguigni anche sull’iride e sul trabecolato. Questa evenienza causa un ostacolo al riassorbimento dell’umor acqueo comportando un rialzo della pressione intraoculare (IOP)
Sebbene non sia una complicanza della retinopatia diabetica, va menzionato che i pazienti diabetici sono predisposti all’insorgenza di cataratta (opacità del cristallino), condizione che riduce l’acuità visiva.
Trattamento
Il vero trattamento della retinopatia diabetica è lo stretto controllo glicemico, i trattamenti oculistici possono solo gestire le complicanze. I trattamenti più utilizzati sono:
- Iniezioni intravitreali. I farmaci utilizzati sono gli anti-VEGF ed i cortisonici e sono utilizzati per la gestione dell’edema maculare (anche se gli anti-VEGF hanno anche un ruolo nella gestione dei neovasi). I farmaci anti VEGF sono degli anticorpi monoclonali, o delle proteine di fusione, che si legano al VEGF ostacolando il legame con il suo recettore, le molecole più utilizzate sono il bevacizumab, il ranibizumab, l’aflibercept (proteina di fusione) ed il recentissimo faricimab. Il cortisonico più utilizzato è un impianto solido di desametasone (nome commerciale Ozurdex) che ha una formulazione a lento rilascio che dura 4-5 mesi circa, ma esistono anche formulazioni in sospensione di triamcinolone (Taioftal) o impianti di fluocinolone (Iluvien) anch’esso a lento rilascio e dalla durata di circa 3 anni. Sia i farmaci liquidi che gli impianti si eseguono a 3.5 o 4 mm dal limbus (la giunzione tra cornea e sclera) per far si che l’ago penetri nel vitreo attraverso la Pars Plana (una zona di maggiore aderenza retinica) per ridurre al minimo le possibilità di indurre un distacco di retina per il traumatismo. Generalmente gli anti VEGF si somministrano con una dose di carico da 3 o 5 iniezioni a cadenza mensile per poi proseguire il trattamento con punture di mantenimento alla ricomparsa dell’edema maculare, mentre i cortisonici vengono somministrati in presenza di edema maculare, anche in associazione agli anti VEGF, e sono sconsigliati in presenza del cristallino naturale nel paziente perché possono indurre la cataratta.
- Fotocoagulazione panretinica mediante argon laser. Generalmente si esegue nelle forme proliferanti o preproliferanti, con questo trattamento si induce l’atrofia delle porzioni di retina ischemiche non maculari (individuate con la FAG) affinché non producano fattori infiammatori e VEGF. Per vedere il fondo oculare, e quindi direzionare correttamente il laser, si utilizzano delle lenti specifiche che entrano a contatto con la cornea, rispetto alle lenti comunemente usate per vedere il fondo oculare, queste permettono di vedere porzioni più ampie di retina rendendo così più rapida e facile l’esecuzione del trattamento. Considerando che le porzioni periferiche della retina quasi non partecipano alle funzioni visive, il campo visivo dei pazienti trattati viene alterato solo marginalmente, rendendo questo trattamento ben tollerato.
- Chirurgia vitreoretinica. In caso di membrane neovascolari che causano trazioni o emovitreo massivo e persistente, è indicata l’esecuzione della vitrectomia, ossia la rimozione del corpo vitreo, per eliminare le opacità che ostacolano la vista, gli assi trattivi ed il mezzo per la formazione di nuove membrane neovascolari.
- Terapia ipotensiva. Nei casi di glaucoma neovascolare si impianto shunt o valvole che permettono una via alternativa di riassorbimento dell’umor acqueo esterna al trabecolato. Si rimanda al capitolo del glaucoma per approfondire questo tipo di trattamenti.
Risposte alle domande
- Il principale fattore di rischio per la progressione della retinopatia diabetica è lo scarso controllo glicemico, oggettivato dai valori di emoglobina glicata sopra il 7%.
- Lo screening va iniziato subito dopo la diagnosi di diabete di tipo 2 mentre nei casi di diabete di tipo 1 si inizia dopo 5 anni dalla diagnosi.
- Le complicanze più frequenti sono: l’edema maculare diabetico, l’emovitreo, il distacco retinico trattivo ed il glaucoma neovascolare
- Il trattamento si inizia subito in caso di riscontro di edema maculare diabetico che compromette la vista, in caso contrario il trattamento si inizia allo stadio preproliferante con il laser.