In questo articolo sul melanoma coroideale, imparerai:
- I principali fattori di rischio per lo sviluppo del melanoma coroideale
- Come diagnosticare il melanoma coroideale
- Come distinguerlo da altre lesioni oculari sospette
- Come trattare il melanoma coroideale
Introduzione
Il melanoma coroideale (la coroide o “uvea” rappresenta la tunica vascolare dell’occhio) rappresenta il più comune tumore maligno intraoculare primitivo nella popolazione caucasica, con un’incidenza variabile da 5.3 a 10.9 casi per milione di abitanti l’anno.
L’incidenza del melanoma coroideale è paragonabile negli Stati Uniti d’America, in Inghilterra e nella maggior parte dei Paesi Europei, in cui l’esposizione media giornaliera ai raggi ultravioletti risulta essere simile.
Si tratta di un tumore più tipico dell’età avanzata, con un picco di incidenza intorno i 70 anni.
Nella maggior parte dei casi l’eziologia del melanoma uveale rimane oscura, anche se ormai sono noti diversi fattori di rischio per lo sviluppo di questa neoplasia:
- fototipo I-II: il melanoma è più frequente nelle popolazioni caucasiche rispetto alle popolazioni africane.
- pigmentazione iridea: pazienti che presentano iridi chiare, in accordo con un fototipo I o II, sono più a rischio di sviluppare il melanoma uveale.
- presenza di nevi cutanei e/o lentiggini
- nevi coroideali: è ormai noto che una buona parte dei melanomi uveali origina a partire dai nevi coroideali.
- ereditarietà: nella maggior parte dei casi i melanomi sono sporadici. Occasionalmente si individuano melanomi con caratteristiche tali da far sospettare un’ereditarietà, come nel caso di melanomi insorti in individui molto giovani, casi di melanoma coroideale primitivo bilaterale, casi di melanoma uveale primitivo multifocale o, ancora, casi di melanoma uveale famigliare.
In questo contesto occorre menzionare la “sindrome da predisposizione ai tumori correlata a BAP1 (TPDS)”, una malattia ereditaria che predispone al rischio di sviluppare tumori e che risulta causata da mutazioni nella linea germinale del gene oncosoppressore BAP1.
I pazienti che presentano questa mutazione tendono a sviluppare lesioni neoplastiche meno aggressive rispetto ai pazienti che non presentano questo genere di mutazione. melanocitosi oculodermica o “nevo di Ota”: condizione congenita benigna caratterizzata da una pigmentazione grigio-ardesia della cute perioculare, della sclera, dell’uvea, delle meningi, del palato e della membrana timpanica; essa rappresenta un importante fattore di rischio per lo sviluppo del melanoma uveale.
Sintomi
I sintomi del melanoma uveale non sono specifici, tuttavia i pazienti possono lamentare calo dell’acuità visita o visione appannata, che di solito sono attribuibili a una progressione del distacco di retina sieroso che spesso accompagna questa neoplasia.
(Per “distacco di retina sieroso” s’intende la separazione della retina neurosensoriale dall’epitelio pigmentato retinico per l’accumulo tra i due strati retinici di liquido proveniente dalla retina neurosensoriale e/o dalla coroide)
Una percentuale variabile dal 10 al 30% dei pazienti lamenta fosfeni (o “fotopsie”, ovvero sensazioni visive luminose simili a lampi di luce), scotomi (alterazioni del campo visivo caratterizzate da percezione di macchie nere), miodesopsie (o “mosche volanti”, ossia percezione di corpi mobili nel campo visivo), metamorfopsie (visione distorta) o micropsia (riduzione delle dimensioni delle immagini).
Il dolore, la diplopia monoculare (visione doppia in un solo occhio), una ridotta sensibilità luminosa e una desaturazione dei colori sono meno frequentemente riportati.
Un 10% di pazienti risulta del tutto asintomatico e, pertanto, il riscontro del tumore avviene in maniera del tutto incidentale in occasione di una visita oculistica con esplorazione del fondo oculare in midriasi.
Clinica
- pigmentazione: il melanoma può presentarsi di color marrone scuro – ardesiaco o può essere color crema, a seconda dell’intensità della pigmentazione. La pigmentazione può infatti essere molto eterogenea, tanto che possono presentarsi casi di cosiddetto “melanoma amelanotico”.
- dimensioni e forma: la crescita in senso assiale del tumore avviene tra due “membrane”, anteriormente la membrana di Bruch (sottile membrana collocata tra l’epitelio pigmentato retinico, lo strato più esterno della retina neurosensoriale, e la coroide) e, posteriormente, la sclera, di consistenza più rigida.
- tumori di dimensioni piccole-intermedie: crescendo, queste lesioni tendono a rimanere al di sotto della membrana di Bruch, che pertanto rimane intatta, e aggettano nella cavità vitreale assumendo un aspetto cupoliforme (dome-shaped melanomas). Nell’8% dei “dome-shaped melanomas”, la progressiva crescita tumorale in termini di altezza determina l’assunzione da parte delle lesioni di una caratteristica forma a “C” (C-shaped melanomas) per via di una rottura progressiva della membrana di Bruch all’apice del tumore.
- tumori di grandi dimensioni: possono determinare una rottura della membrana di Bruch e protrudere attraverso essa, assumendo un tipico aspetto fungiforme (mushroom-shaped melanomas). Nei casi in cui la crescita dei tumori è eccentrica, il melanoma sarà di forma irregolare. Nei rari casi di rotture multiple della membrana di Bruch, si verificheranno erniazioni del tumore in sede intra o sottoretinica. In un 20% dei tumori di aspetto fungiforme si può osservare una strozzatura dei vasi nella zona di tumore che protrude attraverso la membrana di Bruch. Una simile congestione vascolare costituisce un fattore di rischio importante per lo sviluppo di un’emorragia endovitreale e per la cosiddetta “toxic tumor syndrome” (una condizione che si può verificare in seguito a radioterapia. Talvolta, infatti, il trattamento radioterapico può innescare una massiva necrosi tumorale che si associa a ischemia e importante essudazione). Una volta verificatasi la rottura della membrana di Bruch, il tumore può invadere la retina e la cavità vitreale configurandosi così il quadro di “melanoma di Knapp-Ronne” (Knapp-Ronne-type melanoma). Questa situazione può essere complicata, a propria volta, da una disseminazione di cellule tumorali nel vitreo, dall’edema maculare cistoide (condizione caratterizzata dall’accumulo di fluido sottoforma di cisti nella regione maculare) e, talvolta, da una massiva emorragia vitreale. Il melanoma diffuso, infine, rappresenta una forma particolare di tumore di natura infiltrante e di aspetto irregolare che, invece di aggettare in cavità vitreale, tende a espandersi in larghezza e in profondità, con margini irregolari e pigmentazione eterogenea. Il tumore può arrivare a circondare il disco ottico e può coinvolgere il segmento anteriore, determinando l’insorgenza del glaucoma. Alcuni melanomi presentano sia una componente nodulare sia una componente diffusa a causa di una modifica del pattern di crescita.
Varianti cliniche
- melanomi di grandi dimensioni: di solito insorgono a partire dalla coroide anteriore e diventano sintomatici quando ormai hanno raggiunto uno stadio tardivo. Possono avere aspetto cupoliforme, fungiforme o essere multi-nodulari. Nelle fasi iniziali, il distacco di retina sieroso associato è limitato e tende ad aumentare lentamente. Spesso arrivano a coinvolgere il corpo ciliare con disinserzione della base dell’iride: in questi casi possono rendersi evidenti in camera anteriore. Talvolta si associa una disinserzione o sublussazione del cristallino o si osserva una cataratta a settore che causa una progressiva riduzione dell’acuità visiva. In questi tipi di tumore è frequente il riscontro dei vasi sentinella (o “feeder vessels”, ossia vasi episclerali che appaiono dilatati e, talvolta, con decorso tortuoso).
- piccoli melanomi posteriori: sono lesioni che spesso è difficile distinguere dai nevi coroideali. In caso di dubbio diagnostico, è utile seguire la lesione con osservazione periodica e, in casi selezionati, può essere dirimente la biopsia ad ago sottile (fine needle aspiration biopsy)
- piccoli melanomi peri-papillari: nei casi in cui la membrana di Bruch risulti intatta, il tumore può arrivare a circondare la testa del nervo ottico. Nei casi in cui il tumore aumenti di spessore, la lesione può comportare una disinserzione della membrana di Bruch, determinando la comparsa di un nodulo al di sopra del nervo ottico. In questi casi la lesione assume un aspetto simile al melanocitoma del nervo ottico (tumore benigno del nervo ottico che analizzeremo nei capitoli successivi).
Diagnosi
La diagnosi si basa su:
- sintomi
- segni
- esplorazione del fondo oculare in midriasi (ricordiamo che è fondamentale che ogni visita oculistica comprenda la valutazione del fondo oculare in midriasi, in considerazione del fatto che molti melanomi inizialmente sono asintomatici e, pertanto, questo è l’unico modo per una diagnosi precoce)
- esami strumentali:
- retinografia o fotografia del fondo oculare ad ampio campo (ultra-wide-field retinography): utile a documentare la lesione e valutarne la crescita ed eventuali modificazioni di aspetto e dimensioni nel tempo.
- tomografia a coerenza ottica spectral domain (SD-OCT): si tratta di una tecnica diagnostica non invasiva e non a contatto che permette l’analisi delle strutture retiniche mediante delle sezioni tomografiche ad alta risoluzione. Risulta particolarmente utile nei casi di piccoli melanomi coroideali collocati al polo posteriore di dimensioni <3 mm. Tali melanomi all’OCT appaiono come lesioni cupoliformi dalla superficie liscia e regolare, spesso associate a presenza di fluido sottoretinico. Una particolare applicazione dell’OCT nota come EDI-OCT (Enhanced depth imaging optical coherence tomography) consente di studiare in maniera specifica la coroide ed è indicata nella diagnosi differenziale tra nevo coroideale/piccolo melanoma coroideale. Risulta poco utilizzabile nelle lesioni molto pigmentate che impediscono una buona visualizzazione della coroide sottostante.
- ecografia standardizzata A e B scan: viene usata per definire l’estensione e le dimensioni del tumore. I segni ecografici tipici del melanoma uveale all’esame ecografico sono:
- in A scan (esame ecografico nel quale “A” indica “amplitude”; si ha una rappresentazione monodimensionale degli echi sottoforma di picchi verticali a partenza da una linea di base; l’altezza di ciascun picco indica l’intensità degli echi): struttura regolare interna (evidente dall’omogeneità dei picchi verticali della lesione), reflettività medio-bassa, consistenza solida, flickering (o “sfarfallio” che si evidenzia in presenza di lesioni vascolarizzate)
- in B scan (esame ecografico nel quale “B” sta per “brightness”; si ha una rappresentazione bidimensionale di una sezione di tessuto; l’intensità degli echi viene presentata in scala di grigio in cui il bianco corrisponde al massimo dell’intensità mentre il nero all’assenza di echi; è la metodica ecografica più utilizzata in oftalmologia): bassa o intermedia reflettività interna della lesione, escavazione coroideale e ombreggiatura orbitaria.
- angiografia alla fluoresceina sodica (FA) e al verde di indocianina (ICGA): al giorno d’oggi hanno un uso limitato nella diagnosi di melanoma coroideale. Sono esami dinamici che prevedono l’iniezione di coloranti per via endovenosa (la fluoresceina sodica e il verde di indocianina) e che permettono lo studio rispettivamente della retina e della coroide. In FA la lesione spesso presenza un’iperfluorescenza che inizia nelle fasi precoci dell’esame e che persiste nelle fasi tardive. Nei casi di tumori che abbiano rotto la membrana di Bruch, spesso si evidenzia una “doppia circolazione” dovuta alla presenza della vascolarizzazione retinica normale alla vascolarizzazione intrinseca della lesione tumorale. In ICGA la lesione di solito appare ipocianescente durante tutte le fasi di studio. L’ICGA risulta più utile della FA nel definire l’estensione del melanoma, a causa della minor interferenza dovuta all’epitelio pigmentato retinico.
Diagnosi differenziale
Lesioni pigmentate
- nevo coroideale: lesione solida pigmentata dovuta alla proliferazione di melanociti all’interno della coroide. Spesso sono asintomatici e il loro riscontro è occasionale. Nella maggior parte dei casi si localizzano in sede post-equatoriale (oltre alle vene vorticose) e presentano margini ben definiti. Talvolta si associa un alone depigmentato e un segno di benignità è rappresentato dalla presenza di drusen superficiali (depositi extracellulari di materiale di scarto). Occasionalmente sono amelanotici o poco pigmentati. I fattori di rischio predittivi di una trasformazione in senso maligno di un nevo coroideale sono:
- spessore della lesione maggiore a 2 mm (Tumor thickness >2 mm)
- presenza di fluido sottoretinico (Subretinal Fluid)
- presenza di sintomi (Symptoms)
- pigmento arancio (Orange pigment)
- margini della lesione vicini al nervo ottico (Margin near disc)
- lesione ipoecogena all’ecografia standardizzata B scan (Ultrasonographic Hollowness)
- assenza di alone perilesionale/drusen (absence of Halo or Drusen)
Il gruppo degli Shields (principali studiosi del melanoma oculare) ha sviluppato una tecnica mnemonica per ricordare questi fattori di rischio: “TFSOM UHHD” sta per ‘To Find Small Ocular Melanoma Using Helpful Hints Daily”.
- melanocitoma: è un tumore benigno fortemente pigmentato che nella maggior parte dei casi si localizza a livello del nervo ottico.
- ipertrofia congenita dell’epitelio pigmentato retinico (CHRPE): è una rara lesione benigna che è dovuta a una iperplasia e ipertrofia delle cellule dell’epitelio pigmentato retinico. Si presenta come lesione pigmentata piana o minimamente rilevata rispetto al piano retinico, a margini definiti, che nel tempo può progressivamente andare incontro a depigmentazione. Si associa abbastanza frequentemente alla poliposi adenomatosa familiare del colon (FAP).
- emorragia sottoretinica/sovracoiroideale: spesso dovute a neovascolarizzazione coroideale (CNV) o a un macroaneurisma dell’arteria retinica.
Lesioni non pigmentate
- emangioma coroideale: si tratta di un tumore vascolare benigno che può essere circoscritto o diffuso. Nel primo caso, si presenta come una lesione solitaria a margini ben definiti, solitamente localizzato tra il polo posteriore e l’equatore; nel secondo caso è una lesione di colore rosato (aspetto a “splashed ketchup”) che appare sotto forma di un ispessimento coroideale diffuso interessante più di una zona del fondo oculare. L’emangioma coroideale diffuso si riscontra di solito in soggetti affetti dalla sindrome di Sturge Weber, una malattia vascolare congenita che di solito coinvolge cute, sistema nervoso e occhio.
- osteoma coroideale: raro tumore benigno caratterizzato dalla presenza di spicole ossee che si osserva più frequentemente nel sesso femminile.
- calcificazioni sclero-coroideali: condizione rara dovuta alla presenza di depositi uni o multifocali di calcio a livello di sclera e/o coroide.
- metastasi coroideali: rappresentano il tumore maligno oculare più frequente. Il tumore primitivo che più frequentemente determina localizzazioni secondarie a livello coroideale è il tumore della mammella, seguito dal tumore polmonare.
- granuloma coroideale: lesione non pigmentata solitaria che spesso è spia di patologie quali la tubercolosi o la sarcoidosi.
Complicanze del melanoma coroideale
- distacco di retina: i melanomi coroideali si associano frequentemente a un distacco di retina sieroso. La presenza del fluido sottoretinico localizzato ai margini del tumore può essere individuato all’OCT. Di solito il distacco di retina dal tumore arriva a localizzarsi a livello della regione maculare e nei settori retinici inferiori. I distacchi essudativi cronici possono complicarsi con una rottura della barriera emato-retinica interna e conseguente ischemia retinica periferica. L’ischemia retinica rappresenta un fattore di rischio per la comparsa di glaucoma neovascolare a seguito del trattamento radioterapico del melanoma e va individuata precocemente prima di un eventuale trattamento. Il fluido sottoretinico associato al distacco di retina può presentare un aspetto opaco o trasparente. Nel primo caso può associarsi a emorragia sottoretinica o a una rottura della barriera ematoretinica esterna con dispersione di essudati densi nello spazio sottoretinico. In alcuni casi le cellule tumorali pigmentate possono accumularsi nel fluido sottoretinico andando a delineare i margini del distacco di retina.
- variazioni della pressione intraoculare: circa il 30% dei melanomi uveali risulta associato a un glaucoma secondario al momento della diagnosi. La spiegazione dell’aumento della pressione intraoculare in questi casi si deve a un coinvolgimento dell’angolo corneale da parte della lesione e a una neovascolarizzazione iridea. Occasionalmente, il glaucoma è dovuto a una disinserzione anteriore del complesso lente-diaframma irideo a causa delle dimensioni elevate della lesione e della sua localizzazione anteriore. Al contrario, i melanomi che arrivano a coinvolgere il corpo ciliare possono indurre una riduzione della pressione, perché probabilmente interferiscono con la produzione dell’umor acqueo da parte dell’epitelio non pigmentato del corpo ciliare.
- edema maculare cistoide: occasionalmente l’edema maculare cistoide si associa al melanoma uveale necrotico o al melanoma tipo Knapp-Ronne. I tumori di grandi dimensioni sono spesso accompagnati da un’importante reazione infiammatoria che si presenta sottoforma di effetto Tyndall nel vitreo o a livello della camera anteriore. La severità della reazione infiammatoria è correlata allo spessore del tumore, all’estensione dell’eventuale distacco di retina associato, alla presenza di necrosi e di emorragie. In alcuni casi si formano sinechie che portano al blocco pupillare. Raramente la reazione infiammatoria si può manifestare sottoforma di sclerite, episclerite, endoftalmite o cellulite orbitaria.
- estensione extraoculare: la sclera offre una notevole resistenza all’espansione del tumore, tuttavia essa risulta attraversata da numerosi vasi e nervi lungo i quali le cellule tumorali possono diffondere raggiungendo l’episclera e l’orbita.
- estensione anteriore: i melanomi localizzati a livello del corpo ciliare tendono a diffondere spesso tramite i canali sclerali delle vene acquose, dando così origine a singoli o multipli noduli tumorali localizzati anteriormente al limbus sclero-corneale.
- estensione posteriore: i melanomi del segmento posteriore diffondono tramite le vene vorticose e le arterie ciliari posteriori, andando a formare lesioni nodulari aderenti alla parete sclerale che possono essere facilmente individuare all’ecografia B scan. Dal momento che le porzioni intra ed extraoculari del tumore non sempre crescono con la stessa velocità, può capitare che la massa extra-oculare risulti di dimensioni maggiori rispetto alla porzione intraoculare.
- invasione del nervo ottico: è un evento raro. Di solito avviene nei casi di melanomi che si si localizzano in sede peri-papillare e spesso si associa a elevata pressione intraoculare.
Stadiazione
L’ottava edizione dell’’American Joint Committee on Cancer (AJCC) è attualmente quella più recente e più utilizzata per la stadiazione del melanoma coroideale.
Dall’unione dei parametri del T (dimensioni del tumore), N (coinvolgimento dei linfonodi locoregionali) e M (metastasi a distanza), si ottiene la seguente stadiazione:
Stage | TNM categories |
Stage I | T1a, N0, M0 |
Stage IIA | T1b to T1d, N0, M0 OR T2a, N0, M0 |
Stage IIB | T2b or T3a, N0, M0 |
Stage IIIA | T2c or T2d, N0, M0 OR T3b or T3c, N0, M0 OR T4a, N0, M0 |
Stage IIIB | T3d, N0, M0 OR T4b or T4c, N0, M0 |
Stage IIIC | T4d or T4e, N0, M0 |
Stage IV | Any T, N1, M0 OR Any T, any N, M1 |
Il sistema TNM è molto dettagliato, ma nella pratica clinica i medici possono utilizzare il sistema di stadiazione ideato dal gruppo COMS (Collaborative Ocular Melanoma Study), che divide i melanomi oculari in:
- piccoli: tra 1 mm e 3 mm di altezza e tra 5 mm e 16 mm di diametro
- medi: tra 3,1 mm e 8 mm di altezza e non più di 16 mm di diametro
- grandi: più di 8 mm di altezza o più di 16 mm di diametro
Trattamento
La gestione del melanoma uveale è personalizzata e dipende specifiche caratteristiche della lesione tumorale:
- Localizzazione
- Estensione
- Dimensioni
- Acuità visiva
- Presenza di eventuali secondarismi
I trattamenti più utilizzati sono:
- radioterapia:
- brachiterapia: prevede l’utilizzo di placche radioattive che vengono suturate alla sclera in corrispondenza della localizzazione posteriore del tumore per consentire all’energia degli isotopi che emettono raggi β o γ di colpire le cellule maligne. Gli isotopi più frequentemente utilizzati sono lo Iodio-125 e il Rutenio 106. L’intervento è duplice, prevedendo un primo tempo chirurgico di applicazione della placca e un secondo tempo chirurgico di rimozione della stessa. Il tempo di posa della placca verrà stabilito dai fisici medici: essi, infatti, con opportuni calcoli, stabiliscono la dose di energia radiante necessaria e da questa dipenderà il tempo di posa della placca stessa. Il trattamento più usato prevede una dose di 80-100 Gy. Viene scelta la brachiterapia in caso di melanomi di diametro ≤18 mm e di spessore ≤12 mm.
- radioterapia esterna o con protoni (PRBT): si tratta di una radioterapia che consente un trattamento preciso rispetto ad altre modalità di irradiazione a causa delle “proprietà balistiche” dei protoni, caratteristica che permette di trattare in maniera accurata una lesione di un preciso volume collocata a una specifica profondità. Viene prediletta nel caso di tumori di dimensioni molto piccole, localizzati al polo posteriore. I vantaggi consistono nel poter ottenere una maggior dose di radiazioni indirizzata al tumore, garantendo un maggior risparmio dei tessuti adiacenti. Prevede l’applicazione di marcatori in tantalio sulla sclera che servono a localizzare la lesione.
- radioterapia stereotassica: consiste nell’utilizzo di fasci multipli collimati di radiazioni che provengono da direzioni diverse. Consente di indirizzare una maggior dose di radiazioni sul tumore ma si associa a un tasso superiore di complicanze rispetto alle due precedenti tecniche radioterapiche.
- termoterapia transpupillare (TTT): è una modalità di trattamento non invasiva che utilizza un laser a infrarossi erogato per via trans-pupillare direttamente sulla superficie del tumore coroideale. Le cellule tumorali vanno incontro a morte cellulare per ipertermia e non per coagulazione: la temperatura interna del tumore raggiunge i 45-60° e ciò induce l’obliterazione dei vasi sanguigni tumorali e conseguente necrosi delle cellule maligne. La profondità massima di penetrazione dell’infrarosso è di 4 mm, pertanto tale trattamento può essere riservato solo a piccoli melanomi coroideali. I vantaggi della TTT sono la possibilità di un trattamento preciso della lesione, la necrosi tumorale immediata, la capacità di trattare i pazienti in regime ambulatoriale, un minor danno della coroide circostante. Le complicanze, in ordine di incidenza, includono: trazione vitreo-retinica, occlusione venosa retinica, occlusione parziale o totale dell’arteria centrale della retina, edema maculare cistoide, membrana epiretinica, emovitreo, neovascolarizzazione retinica, cicatrice corioretinica, distacco retinico di tipo trazionale e regmatogeno, atrofia ed edema del nervo ottico, cataratta.
- terapia fotodinamica (PDT): è una modalità di trattamento minimamente invasiva che prevede la somministrazione per via endovenosa di una sostanza fotosensibilizzante (verteporfina) che si accumula nel tessuto tumorale e, quando colpito dalla luce a una specifica lunghezza d’onda, viene attivato, inducendo la distruzione delle cellule tumorali per effetto citotossico diretto. Dieci minuti dopo l’iniezione endovenosa di verteporfina, il laser a diodi da 690 nm viene erogato attraverso la pupilla e diretto sulla superficie del tumore.
- endoresezione: prevede l’asportazione del tumore durante un intervento di vitrectomia via pars plana. Il rischio di questa tecnica è la diffusione intraoperatoria di cellule tumorali vitali che possono portare a recidive locali.
- enucleazione
Melanoma metastatico
In generale, la sopravvivenza globale media dei pazienti con metastasi da melanoma uveale è compresa tra i 3 e i 10 mesi, talvolta potendo arrivare a 20 mesi.
Al momento della diagnosi, meno dell’1% di tutti i pazienti con melanoma uveale presenta già localizzazioni secondarie. Tuttavia, la percentuale di pazienti che, con il tempo, sviluppa metastasi risulta essere a 5 anni il 31%, a 15 anni il 45% e quasi il 50% a 25 anni.
Il primo sito di metastasi è il fegato nel 70-90% dei casi: risulta pertanto fondamentale al momento della diagnosi di melanoma uveale richiedere come esami complementari un’ecografia epatica e una TC total body così da stadiare correttamente la malattia. L’ecografia epatica andrà ripetuta annualmente come esame fondamentale per il follow up di questi pazienti. Qualora l’ecografia epatica non fosse dirimente, si procederà a richiedere una risonanza magnetica epatica. Altri organi che possono essere coinvolti sono i polmoni, le ossa e la cute e il sistema nervoso centrale. Rari sono i casi descritti di metastasi coinvolgenti l’occhio controlaterale. Non esiste uno standard di cura stabilito per il trattamento dei pazienti con malattia metastatica.
Attualmente i principali trattamenti prevedono:
- chemioterapia adiuvante: risultati incoraggianti erano stati ottenuti inizialmente dall’associazione di bleomicina, vincristina, lomustina e dacarbazide (BOLD) con l’interferone. Tuttavia, in seguito, si vide che i risultati non erano affatto buoni con queste terapie.
- immunoterapia: attualmente non ci sono ancora dati sicuri
- ipilimumab: si tratta di un anticorpo monoclonale anti linfociti T regolatori CTLA-4; bloccando l’azione di questi linfociti T, dovrebbe indurre l’azione degli altri tipi di linfociti T contro le cellule tumorali.
- pembrolizumab e nivolumab: sono anticorpi monoclonali di origine umana che agiscono sul recettore PD-1 (programmed cell death 1). Risultati discordanti sono stati ottenuti al momento con queste terapie.
- terapia locoregionale:
- resezione chirurgica: risulta applicabile nei casi in cui le metastasi sono limitate al fegato o ad un altro singolo organo e nei casi in cui siano tali da garantirne la resezione completa.
- chemioterapia locoregionale: il chemioterapico viene iniettato non a livello sistemico ma direttamente a livello delle metastasi. Esistono diverse procedure quali la chemioterapia epatica per via trans-arteriosa o la chemio-embolizzazione per via trans-arteriosa.
Oggigiorno stanno emergendo nuove terapie per il melanoma uveale metastatico che sono ancora in fase di studio.
Particolare interesse è rivolto al Tebentafusp, una nuova proteina di fusione composta da un recettore delle cellule T (TCR) fuso a un frammento di anticorpo diretto verso il CD3 (cluster di differenziamento 3).
Il TCR lega ad alta affinità il peptide gp100 presentato come antigene leucocitario umano A*02:01 (HLA-A*02:01) sulla superficie delle cellule tumorali di melanoma: in questo modo il CD3 lega le cellule T policlonali, determinandone l’attivazione e il rilascio di citochine che vanno a indurre la lisi delle cellule tumorali.
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- Gelmi MC, Bas Z, Malkani K, Ganguly A, Shields CL, Jager MJ. Adding the Cancer Genome Atlas Chromosome Classes to American Joint Committee on Cancer System Offers More Precise Prognostication in Uveal Melanoma. Ophthalmology. 2022 Apr;129(4):431-437. doi: 10.1016/j.ophtha.2021.11.018. Epub 2021 Nov 16. PMID: 34793831.
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